giovedì 27 giugno 2013

PIETRO SCAGLIONE


 Buscetta: "Nel ' 70, mi incontrai con Salvatore Greco per un colpo di Stato in Sicilia. Da quel momento, dopo aver parlato, io e Greco andammo via. Liggio decise... di creare un clima di tensione nel mondo politico, per preparare il colpo politico. Ognuno decise quale fosse il politico da colpire. A Palermo fu colpito un fascista. L' obiettivo di Liggio fu il procuratore Scaglione. Perche' in quel momento Scaglione era interessato alle rivelazioni di una donna che aveva accusato Vincenzo Riina. Ma non e' vero che Scaglione era vicino agli uomini d' onore. La verita' e' che bisognava minare le basi dello Stato... Ci chiamo' Pippo Calderone per farci sapere che si stava preparando un colpo di Stato e che Borghese voleva utilizzare i mafiosi in Sicilia

Pietro Scaglione (Palermo, 2 marzo 1906 – Palermo, 5 maggio 1971) dopo essere entrato in magistratura nel 1928 e dopo avere esordito in aula come pubblico ministero negli anni quaranta, Scaglione indagò sulla banda Giuliano e preparò dure requisitorie contro gli assassini del sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso nel 1955, negli anni del latifondismo e delle lotte contadine per la redistribuzione delle terre. La parte civile della famiglia Carnevale fu rappresentata dal futuro presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini, e dagli avvocati Nino Taormina e Nino Sorgi, anche loro socialisti. Si contrapposero ad un altro futuro presidente della Repubblica, il democristiano Giovanni Leone, difensore degli imputati (i campieri della famiglia aristocratica Notarbartolo). L'impianto accusatorio della Procura di Palermo (supportato dalla parte civile) fu, però, vanificato da altre corti. Alla fine, dopo un lungo iter giudiziario tra assoluzioni e condanne in vari tribunali italiani, la Corte di Appello di Santa Maria di Capua Vetere condannò i campieri della principessa Notarbartolo all'ergastolo, accogliendo le intuizioni di Scaglione, Pertini, Sorgi e Taormina.
File:Pietro Scaglione.jpgDiventato procuratore capo nel 1962, Scaglione indagò sulla strage di Ciaculli e inquisì Salvo Lima, Vito Ciancimino e altri politici locali e nazionali. Pietro Scaglione "fu convinto assertore che la mafia aveva origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni".
Dopo la strage mafiosa di Ciaculli del 1963, grazie alle inchieste condotte dall'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo (guidato da Cesare Terranova) e dalla Procura della Repubblica (diretta da Pietro Scaglione) "le organizzazioni mafiose furono scardinate e disperse", come si legge nella Relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia del 1976.
Pietro Scaglione era impegnato anche nel volontariato e divenne Presidente del Consiglio di Patronato per l'assistenza alle famiglie dei carcerati e degli ex detenuti, promuovendo, tra l'altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d'oro. Infine, con Decreto dello stesso Ministero della Giustizia del 1991, previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, Pietro Scaglione fu riconosciuto "magistrato caduto vittima del dovere e della mafia". 



L'omicidio
Scaglione, che era stato da poco destinato a procuratore generale di Lecce, venne assassinato a colpi di pistola il 5 maggio 1971 in via dei Cipressi a Palermo, dopo essere uscito dal cimitero dove era andato a pregare sulla tomba della moglie, mentre era a bordo di una Fiat 1500 nera insieme al suo autista Antonino Lo Russo, che rimase pure ucciso. Il giorno seguente Scaglione si sarebbe dovuto recare a Milano per testimoniare sull'esistenza di una telefonata avvenuta tra il commercialista Antonino Buttafuoco e l'avvocato Vito Guarrasi durante le indagini sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, coordinate dallo stesso Scaglione; Buttafuoco infatti era pesantemente implicato nella scomparsa di De Mauro ed era anche strettamente legato a Guarrasi e al boss mafioso Luciano Leggio, a cui era solito fare visita. 
Inoltre Scaglione si era incontrato con De Mauro pochi giorni prima che questi scomparisse perché il giornalista era entrato in possesso di notizie su Vito Guarrasi e l'onorevole Graziano Verzotto, implicati nell'omicidio di Enrico Mattei, presidente dell'ENI.
L'assassinio di Scaglione si può considerare il primo omicidio eccellente compiuto in Sicilia dopo quello di Emanuele Notabartolo del 1893. Dopo la sua morte si diffusero insinuazioni relative ad una sua collusione e disponibilità ad insabbiare le inchieste, voci che molte fonti giudicano errate, come ribadito dalle sentenze irrevocabili, che lo definiscono magistrato integerrimo.
Le motivazioni ed i retroscena dell'omicidio di Scaglione vennero chiariti dal pentito Tommaso Buscetta: il crimine venne deciso da Luciano Leggio ed eseguito da lui stesso insieme al suo luogotenente Salvatore Riina.
In particolare, come scrivono i giudici del celebre Maxiprocesso di Palermo (istruito da Antonino Caponnetto e Giovanni Falcone), Buscetta definì Pietro Scaglione "un magistrato integerrimo e spietato persecutore della mafia". Sempre secondo Buscetta, il delitto sarebbe stato eseguito dai Corleonesi per diversi moventi, tra i quali l'eliminazione di un "nemico giurato della mafia" come Scaglione e la volontà di fare ricadere la colpa del delitto sul clan dei Rimi di Alcamo, per i quali il procuratore Scaglione si accingeva a chiedere il rinvio a giudizio.

La testimonianza di Piero Grasso 
Nel libro la Mafia Invisibile, il superprocuratore antimafia Piero Grasso (intervistato da Saverio Lodato) si occupa ampiamente dell'omicidio Scaglione affermando, tra le altre cose:
« Ricordo le prime campagne di delegittimazione sulla figura del magistrato. Ricordo che circolarono certe voci per gettare ombre sulla sua attività: calunnie poi categoricamente smentite dalle indagini successive. Scaglione aveva sempre tenuto un atteggiamento coerente e rigoroso nei confronti di una criminalità che allora era ancora difficilmente decifrabile come mafiosa. »
(Lodato; Grasso, La mafia invisibile. La nuova strategia di Cosa Nostra, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2001, p. 91 ss.)


File:Pietro Scaglione - Antonino Lorusso - Lapide Palermo.jpg

Nessun commento:

Posta un commento