venerdì 21 giugno 2013

BERNARDO MATTARELLA





Bernardo Mattarella (Castellammare del Golfo, 15 settembre 1905 – Roma, 1 marzo 1971) è stato un politico italiano,  il principale avversario del separatismo siciliano e più volte Ministro della Repubblica. È il padre di Piersanti e Sergio anch'essi uomini politici.
Di umili origini, si laureò in giurisprudenza a Palermo dove visse fino al 1948 quando si trasferì a Roma. Antifascista. Nel 1941-1943 partecipò a Roma alle riunioni clandestine guidate da Alcide De Gasperi da cui nacque la Democrazia Cristiana.
Nei primi due governi del Comitato di liberazione nazionale, presieduti da Ivanoe Bonomi e composti da tre ministri e tre sottosegretari per ciascuno dei sei partiti del CLN (1944 – 1945), ricoprì la carica di Sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Nel 1945, con De Gasperi Segretario nazionale, divenne Vice Segretario della Democrazia Cristiana, insieme ad Attilio Piccioni e a Giuseppe Dossetti.
Alle elezioni dell'Assemblea Costituente del 2 giugno 1946 fu eletto per la DC nella circoscrizione elettorale della Sicilia Occidentale e fece parte dell'Ufficio di Presidenza della Costituente come Questore. Il 18 aprile 1948 alle elezioni del primo parlamento repubblicano, Mattarella fu rieletto nella medesima circoscrizione, nella quale sarà sempre eletto.
Nel quinto Governo De Gasperi (1948) fu nominato Sottosegretario ai Trasporti, carica che mantenne anche nel sesto e settimo degli esecutivi guidati dallo statista trentino.
Costituitosi l'ottavo Governo De Gasperi il 16 luglio 1953, ebbe affidato il Ministero della Marina Mercantile. Caduto questo gabinetto dopo appena 12 giorni e formatosi il Governo Pella il 18 agosto 1953, ebbe l'incarico di Ministro dei Trasporti che mantenne anche nel successivo Governo Fanfani, che cadde il 30 gennaio 1954 a soli 12 giorni dalla sua costituzione. Nel successivo governo guidato da Mario Scelba, ebbe riaffidato lo stesso ministero. Il 6 luglio 1955 nacque il primo Governo Segni e Mattarella passò dai Trasporti al Commercio con l'Estero. Adone Zoli, costituito il suo governo il 18 maggio 1957, lo volle Ministro delle Poste e Telecomunicazioni. Nella terza Legislatura fu Presidente della Commissione Trasporti della Camera dei deputati e componente della direzione nazionale della Democrazia Cristiana, per poi tornare al governo, come Ministro dei Trasporti, nel quarto Governo Fanfani (21 febbraio 1962).
Dopo le elezioni politiche del 1963 si formò il primo Governo Leone, durato in carica dal 21 giugno al 5 novembre 1963, nel quale Mattarella fu Ministro per l'Agricoltura e le Foreste. Nel secondo governo della quarta Legislatura (primo Governo Moro) entrato in carica il 4 dicembre 1963 ritornò al Ministero del Commercio con l'Estero, che mantenne anche nel successivo secondo Governo Moro che rimase in carica fino al 21 gennaio 1966.
Nel successivo governo Moro Mattarella non fu nominato Ministro per motivi di equilibrio tra le correnti democristiane, come affermato da Moro in una lettera con cui ringraziava Mattarella per il lavoro svolto al governo. Mattarella divenne Presidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati e rientrò nella direzione nazionale della D.C. E mantenne questi due incarichi fino alla sua morte, a seguito di una malattia durata alcuni mesi.
Alle politiche del 1968, a meno di tre anni dalla morte, fu eletto per l'ultima volta alla Camera dei deputati.

L'atteggiamento nei confronti della Mafia 
La sentenza del Tribunale di Roma del 21.6.1967, confermata dalla Corte d'appello e dalla Corte di cassazione, afferma: “Mattarella ha espresso sempre in modo inequivoco la sua condanna del fenomeno mafioso” e “non è mai entrato in contatto con l' ambiente mafioso da lui invece apertamente e decisamente osteggiato nel corso di tutta la sua carriera politica”.
Nel 1943 fu il primo a entrare in contatto epistolare con don Luigi Sturzo, ancora negli Stati Uniti. In una lettera del 24 maggio 1944 manifestava a Sturzo l'allarme per l'azione del separatismo siciliano, scrivendogli: ”È comunque un movimento che occorre seguire e vigilare continuamente, anche per l'elemento poco buono da cui è circondato, la mafia, riportata dai feudatari separatisti all'onore della ribalta politica". In altra lettera del 29 giugno 1946, poco dopo il voto per l'Assemblea Costituente, Bernardo Mattarella così scriveva a Luigi Sturzo: “La lotta elettorale è stata dura e faticosa, ma ci dato anche il grande risultato del pieno fallimento della mafia... I separatisti, che ne dividevano con i liberali i favori, sono stati miseramente sconfitti”. In un articolo del 3 giugno 1944 su “Popolo e Libertà”, il giornale che dirigeva, Bernardo Mattarella, pubblicò un articolo in cui attaccava il leader dei separatisti, accusandolo di avere l'appoggio della mafia e scrivendo: “Ha sulla coscienza la triste responsabilità di avere riunito attorno a sé, cercando di ripotenziarla, l'organizzazione più pericolosa e sopraffattrice che abbia afflitto, per lunghi anni, le nostre contrade.”
Nel 1958, in una lunga intervista sugli strumenti per sconfiggere la mafia – su Il Giornale del Mezzogiorno del 27 novembre 1958 - espresse opinione favorevole all'istituzione di una commissione di inchiesta sulla mafia, che venne istituita anni dopo.
Al processo per la strage di Portella della Ginestra Mattarella fu accusato da Gaspare Pisciotta di essere implicato nella strage. La sentenza della Corte di assise di Viterbo che concluse quel processo dichiarò infondate le accuse di Pisciotta, componente della banda Giuliano e tra gli autori della strage. Anche il Pubblico Ministero nella sua requisitoria al processo di Viterbo aveva definito inaffidabile Pisciotta che aveva fornito nove diverse versioni della strage e inattendibili le sue accuse contro Scelba e Mattarella. Tali le giudicò anche l'Ufficio istruzione presso la Corte di Appello di Palermo su denunzia presentata dall'on. Giuseppe Montalbano, del PCI, contro tre deputati monarchici e che escludeva coinvolgimenti degli onn. Scelba e Mattarella. Del resto che l'atteggiamento di Pisciotta facesse parte di una manovra organizzata per depistare era stato dichiarato nel corso del processo dalla stessa madre di Giuliano e da alcuni componenti della banda e fu confermato, davanti alla Commissione parlamentare antimafia, sia da questi ultimi nel marzo 1966 sia, nel giugno 1972, dai due membri della banda che avevano seguito Pisciotta in quella manovra.
Mattarella sarebbe stato tra coloro che accolsero Joe Bonanno quando arrivò all'aeroporto di Fiumicino a Roma nel 1957. Questa circostanza è falsa. Essa è contenuta in un libro di memorie del Bonanno, invero piuttosto romanzato, scritto, come si legge nella presentazione, da un terzo: vi si narra del viaggio che il Bonanno fece in Italia, nel settembre 1957, al seguito del direttore del giornale “Il progresso italo americano” F. Pope. Come risulta da quel giornale essi arrivarono a Roma il 13 settembre di quell'anno e l'on. Bernardo Mattarella non era affatto presente. È facile verificarlo sia sul giornale di Pope che su giornali italiani. Del resto, quello stesso giorno, Mattarella, allora Ministro delle Poste, si trovava in altra e lontana città d'Italia per inaugurare un'opera pubblica.
Il sociologo Danilo Dolci lo accusò nel 1965, con un dossier presentato in una conferenza stampa (riprodotto nel libro Chi gioca solo del 1966) di collusioni con la mafia. Mattarella lo querelò, concedendogli facoltà di prova e, dopo un dibattimento durato circa due anni, con l'escussione di decine di testimoni e l'acquisizione di un'amplissima documentazione, e durante il quale Dolci chiese che gli venisse applicata l'amnistia varata nell'anno precedente, questi fu condannato per diffamazione a due anni di reclusione, che non scontò per effetto dell'indulto approvato l'anno precedente. Nella sentenza del Tribunale di Roma del 21.6.67, già citata e confermata in Appello e in Cassazione, è scritto: “Nulla di quanto attribuito al parlamentare siciliano può dirsi rimasto in piedi”. “Ha in sostanza Mattarella portato a conoscenza del Tribunale, obiettivamente documentandolo, l'atteggiamento di insuperabile contrarietà alla mafia assunto e mantenuto nel corso di tutta la sua carriera politica”. “Nulla di quanto contenuto nel dossier che ha costituito la base del massiccio attacco nei riguardi di Mattarella ha trovato quindi conforto e riscontro sul piano della prova, dimostrandosi le dichiarazioni raccolte dagli imputati – Dolci e il suo collaboratore Alasia – nient'altro che il frutto di irresponsabili pettegolezzi, di malevoli dicerie se non addirittura di autentiche falsità”.”Basse, infondate insinuazioni, quindi, calunniose interpretazione di fatti ed avvenimenti, interessate strumentalizzazione di testimonianze che lungi dal fare la storia di un ambiente e di un personaggio, come incautamente asserito dal Dolci nel corso della conferenza stampa, possono al più favorire la peggiore confusione delle idee, intralciare se non addirittura fuorviare il corso degli accertamenti, condurre a infondati giudizi nei confronti di uomini e di cose”.

' VI DICO I NOMI DEI PADRI DELLA MAFIA'
Repubblica 1996
Bernardo Mattarella, ministro della Repubblica e uomo d' onore. Girolamo Bellavista, principe del Foro e uomo d' onore. Giovanni Musotto, docente di Diritto Penale e uomo d' onore. Calogero Volpe, sottosegretario alle Finanze e uomo d' onore, Casimiro Vizzini, senatore della Repubblica e uomo d' onore... L' ultimo pentito racconta la storia "segreta" di Cosa Nostra, fa i nomi dei suoi più illustri affiliati degli Anni Cinquanta e Sessanta, spiega con dovizia di particolari il ruolo di ministri e avvocati al servizio delle "famiglie" della Sicilia occidentale. E' la verità di Francesco Di Carlo, il boss di Altofonte che i procuratori di Palermo definiscono "il nuovo Buscetta".... 

Nessun commento:

Posta un commento